Nuove tecniche di imaging per il dolore neuropatico

Ne soffre circa il 10% della popolazione mondiale, eppure è ancora poco indagato anche a causa della sua complessità e “inafferrabilità”. Si tratta del dolore neuropatico cronico, una condizione dolorosa persistente associata a un’anomalia nel modo in cui il sistema nervoso trasmette e interpreta i segnali del dolore.

Per inquadrare in una cornice più chiara questa condizione così complessa e facilitarne la diagnosi e il trattamento, un team di ricerca dell’Università di Iasi, in Romania, ha condotto una review che è stata pubblicata sulla rivista International Journal of Molecular Sciences.

I metodi convenzionali di diagnosi del dolore neuropatico cronico si basano principalmente sui sintomi riportati dai pazienti, evidenziano gli autori. Ma la natura soggettiva di questo tipo di diagnosi rappresenta spesso un ostacolo nella valutazione dei risultati e nella gestione efficace del disturbo. L’utilizzo di tecniche innovative di imaging, invece, risulta molto promettente sia sul fronte diagnostico che del trattamento.

Recenti ricerche evidenziano infatti il potenziale delle tecniche di imaging nell’individuare e associare anche le più sottili alterazioni neuroplastiche a carico del sistema nervoso centrale e periferico ai sintomi neuropatici. Oltre a essere di grande interesse come marker diagnostici, queste metodologie possono essere utili per valutare l’efficacia terapeutica sia in contesti preclinici che clinici.

L’imaging molecolare e funzionale, in particolare, è in grado di offrire uno sguardo oggettivo per esplorare l’intreccio tra cambiamenti strutturali, recettori coinvolti e aspetti neurochimici della patologia. Queste tecniche innovative di imaging, infatti, mappano non solo i sistemi coinvolti nel dolore neuropatico cronico, ma anche i cambiamenti biochimici che avvengono nelle regioni interessate.

L’approccio più promettente sembra essere lo sviluppo di marker compositi, in cui vengano integrati marker sierologici, genetici, clinici e di imaging. I marker compositi, con la loro elevata sensibilità e specificità, possono infatti migliorare in modo significativo le procedure diagnostiche e offrire nuove opzioni terapeutiche che coinvolgano farmacologia di precisione e biomedicina.

Per standardizzare e rendere più accurata la rilevazione del dolore neuropatico cronico attraverso l’imaging c’è però bisogno di ulteriori e più approfondite ricerche. Man mano che queste tecniche continuano a evolversi bisogna puntare allo sviluppo di collaborazioni interdisciplinari, capaci di cogliere la miriade di sfaccettature di un disturbo così complesso per arrivare a un suo trattamento efficace.



Fonte: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC9657736/?report=reader




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