Malattia infiammatoria pelvica e infertilità: un legame molto stretto

I problemi di infertilità e le difficoltà di concepimento non sono necessariamente associati a disfunzioni a carico dei gameti maschili o femminili. Una delle principali cause di difficoltà riproduttive nelle donne in età fertile, infatti, è la malattia infiammatoria pelvica (PID), causata dalla risalita di batteri dalla vagina agli organi genitali interni.

Un articolo a firma di Sarah Hunt e Beverley Vollenhoven, pubblicato di recente sulla rivista Australian Journal of General Practice, approfondisce la patogenesi, la valutazione clinica e la gestione di questa malattia causata da infezioni dell’apparato genitale femminile. Oltre alla trattazione generale, lo studio si focalizza sulla gestione delle complicanze a lungo termine legate alla fertilità.

I patogeni che di solito vengono identificati nella fase iniziale della malattia sono Chlamydia trachomatis e Neisseria gonorrhoeae. In un secondo tempo, però, è molto frequente lo sviluppo di un’infezione polimicrobica, in cui fanno la loro comparsa Mycoplasma genitalium, Peptostreptococcus, Bacteroides, Clostridia e svariati altri batteri che colonizzano gli organi genitali femminili.

I sintomi della malattia infiammatoria pelvica comprendono febbre, dolore al basso addome, soprattutto durante e dopo le mestruazioni, secrezioni vaginali e sanguinamento anomalo. Ma non sono sempre presenti, e questo rende naturalmente più difficile fare una corretta e tempestiva diagnosi. In tutti i casi sospetti, evidenziano Hunt e Vollenhoven, le pazienti dovrebbero sottoporsi a tamponi vaginali ed endocervicali per poi iniziare l’eventuale trattamento con antibiotici.

Un trattamento antibiotico precoce e mirato, nel rispetto delle linee guida vigenti, sembra infatti in grado di ridurre le complicanze e gli effetti a lungo termine della malattia, contrastando anche i problemi di concepimento.

Il rischio di infertilità, sottolineano le autrici, aumenta in modo significativo se l’infezione si estende alle tube di Falloppio. Nelle donne con gravi danni alle tube il rischio può arrivare fino al 30% e le recidive lo aumentano ulteriormente. Proprio per questo, la diagnosi precoce e la valutazione dei danni tubarici sono fondamentali.

Per valutare lo stato delle tube si possono impiegare diverse tecniche, come l’ecografia pelvica e l’isterosalpingografia, un esame radiografico dell'utero e delle tube di Falloppio. Il metodo più accurato è però la laparoscopia, che permette una visione diretta delle tube.

Mettere in atto interventi di salute pubblica mirati alla prevenzione delle infezioni sessualmente trasmissibili e alla diagnosi e trattamento precoce, concludono le autrici, permetterebbe di ridurre in modo sostanziale la gravità della malattia infiammatoria pelvica e le sue complicanze a lungo termine.



Fonte: https://www1.racgp.org.au/ajgp/2023/april/pelvic-inflammatory-disease-and-infertility



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