Le linee guida italiane per la calvizie

Si ritiene che la perdita di capelli di natura androgenetica possa arrivare a colpire – con forme e intensità diverse – fino a metà delle donne e quattro quinti degli uomini nel corso della vita. Con un esordio che solitamente si colloca appena dopo la pubertà, seguito da un aggravarsi progressivo con il passare degli anni.

E oggi è ben noto come il disturbo associato alla calvizie sia provocato da una progressiva riduzione del diametro del capello, della sua lunghezza e della sua pigmentazione, imputabile all’azione del diidrotestosterone (un metabolita biologicamente attivo dell'ormone testosterone) sui follicoli piliferi, provocandone via via un rimpicciolimento.

Nonostante il modo in cui si presenta clinicamente sia diverso a seconda del genere, la calvizie rappresenta per tutte le persone un doppio problema, anzitutto estetico e di conseguenza anche psicologico. I capelli in salute rappresentano nell’immaginario comune un elemento di bellezza o addirittura di attrazione fisica, costituendo un elemento chiave nell’auto-percezione della bellezza e quindi per l’autostima.

Preso atto della diffusione e dell’importanza del problema, lo scorso autunno l’Italia ha riadattato le proprie linee guida per il trattamento dell’alopecia androgenetica. E lo ha fatto ispirandosi – anzi, di fatto allineandosi – alle indicazioni arrivate a livello internazionale dallo European Dermatology Forum e dall’Accademia europea di dermatologia e venereologia.

Il gruppo italiano di esperti che se ne è occupato, distribuito tra Roma, Bologna, Padova, Bari, Brescia e altre università, ha tenuto conto non solo delle linee guida europee, ma anche delle più recenti evidenze scientifiche e naturalmente del quadro regolatorio italiano per quanto riguarda le opzioni terapeutiche a disposizione. Con l’obiettivo di dare un aggiornamento più completo possibile sulle conoscenze attuali sulla patologia, e di sottolineare come si tratti di una malattia progressiva che, se non trattata, tende a peggiorare con il tempo più o meno rapidamente, ed è particolarmente veloce nelle persone che soffrono di disturbi ormonali o che hanno familiarità con forme acute di calvizie.

Se tutti i dettagli specifici sono presentati e discussi in una pubblicazione scientifica uscita sul Giornale italiano di dermatologia e venereologia, ne sintetizziamo qui alcuni punti chiave. Nei pazienti con alopecia androgenetica l’esame utilizzato di routine è la tricoscopia, utile sia per la diagnosi in sé sia per la diagnosi differenziale rispetto ad altre malattie. Lo stesso esame ha ulteriori vantaggi, perché permette di valutare la gravità della condizione, di monitorare il progredire della malattia e anche di valutare e quantificare la risposta ai trattamenti ricevuti.

In generale, ha sottolineato il gruppo di esperti, le attività di follow-up dopo i trattamenti sono importanti per monitorare sia la tolleranza al trattamento stesso sia l’effetto sul progredire dell’alopecia. Anche perché, se le terapie sono somministrate nel modo giusto, oggi è ragionevole riuscire a fermare la malattia e anche a invertire il processo di miniaturizzazione dei follicoli piliferi. Nei casi più gravi o trattati in modo tardivo, però, gli interventi chirurgici di sostituzione dei capelli sono l’unica opzione che resta percorribile.


Fonte: https://doi.org/10.23736/S0392-0488.19.06399-5




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